Il Violino del Primo Papavero
Una sensazione sulla mia pelle: piccolissime gocce umide sul viso e sui capelli. Nebbia, forse. Pochi rumori per le strade quella notte, solo alcuni passi affrettati in lontananza che sparivano come fantasmi nei vicoli. Il primo freddo di novembre era arrivato e si insinuava fra il mio mantello e gli avambracci scoperti. Camminavo vicino ai muri per sentirmi più sicuro e al riparo, era una mia abitudine.
Sapevo che la sua casa non doveva essere molto distante dal punto in cui mi trovavo. Il biglietto scritto da mia madre Carmen parlava chiaro:
18, Rue des Roses, Carcassonne, France
Partito all’età di vent’anni dalla mia piccola cittadina, Newquay, sulla costa settentrionale della Cornovaglia, ero in viaggio da parecchi giorni, accompagnato da un unico pensiero: rivedere il maestro, il creatore di quel violino unico al mondo, che era appartenuto a mio padre per poi sparire nel nulla.
Giunto finalmente davanti alla porta, mi affrettai a bussare, nonostante l’ora non fosse consona per presentarsi senza preavviso ad uno sconosciuto.
– Ti aspettavo, Francis!
– Lei è …
– Maestro Antoine Dubois. Entra, fuori fa freddo. Non darmi del lei, ti prego, caro Francis. Non ti ricordi più di me? Già, come potresti!
Avrei voluto dirgli di sì, ma non ero ancora venuto al mondo quando i miei genitori si separarono, lasciando l’intera compagnia della carovana dei musicisti; non avrei proprio potuto conservarne il ricordo. Nelle mie cellule, tuttavia, era ancora presente il timbro particolare della sua voce buona.
Mi sorrise, poi mi abbracciò lungamente e in quell’abbraccio mi sentii finalmente al riparo, come se fossi giunto a casa, come se la mia anima itinerante avesse finalmente trovato pace e un luogo accogliente in cui riposare.