
SINOSSI
Il romanzo è ambientato a Deauville, perla della costa normanna, attorno gli anni ‘50. Marguerite Legrand, uno dei personaggi centrali della storia, è una giovane donna che conduce una vita piuttosto grigia. Ella, infatti, ha una difficile relazione amorosa con Adrien, un uomo meschino e violento che non la comprende affatto; anche dal punto di vista lavorativo, Marguerite si sente poco apprezzata dal suo datore di lavoro, Henri Cottard, il notaio di Deauville, che apparentemente la tratta con una certa freddezza. Henri, personaggio dal passato misterioso, con il procedere degli eventi, si rivelerà figura centrale del romanzo. Nonostante tutte le frustrazioni che Marguerite continua a subire a testa bassa, ella si salverà grazie alla sua grande passione per il canto, che le darà la possibilità di riscattarsi e di incontrare nuovi amici, fra cui padre Gabriel Leroy, il buon parroco, la dolce Giselle e Olivier, talentuoso pianista, insieme
ai quali fonderà il coro di Deauville. Anche Henri Cottard, che con il procedere della storia aprirà il cassetto dei suoi ricordi dolorosi, diventerà uno dei suoi maggiori sostenitori.
Fra le varie voci narranti del romanzo, troviamo quella di Marc Bertrand, un lettore che gestisce una piccola libreria con la madre, Claudine. Egli racconta di aver trovato “Il Coro” su una bancarella di Gaspard, un anziano rigattiere di Rouen, e di come quel racconto, poco alla volta, si intrecci con la vita della sua famiglia. La storia narrata nel romanzo che Marc e Claudine stanno leggendo e la storia contenuta ne “Il Coro” si
uniranno in una serie di incalzanti rivelazioni e colpi di scena che caratterizzano la parte finale del romanzo.
INCIPIT
SPERANZA
Speranza, Speranza, sempre! Molti poeti hanno cercato di definire questa sostanza invisibile agli occhi fisici. Impalpabile dono celestiale che veste abiti dorati e cosparge l’aria di profumi dolci e fruttati. A volte, la Speranza è una fragranza vanigliata, che non sempre percepisco, ma so che è sempre presente, lì, al mio fianco, per ricordarmi che, anche quando cammino nella disperazione più cupa, c’è sempre un modo per tornare alla luce e per cambiare direzione. La Speranza assume varie forme, quasi non volesse farsi riconoscere apertamente, quasi volesse 9 Il Coro invitarmi a giocare allegramente a nascondino con me, e l’unico modo per avvertirla è guardare la vita con altri occhi. Occorre fare silenzio e ascoltare con altre orecchie, perché la Speranza ha un suono, il suo suono. Essa si manifesta proprio quando ne abbiamo più bisogno, non è mai invadente. Una cosa sola chiede: avere il coraggio di muovere il primo passo su quel cammino sconosciuto che tanto spaventa. Tanti anni fa, mi capitò di vagare come un automa, una bambola di pezza senz’anima, fra i vicoli bui e umidi della mia cittadina, portando nel cuore una valigia pesante di freddo pungente. Davanti a me, un orizzonte grigio, senza Speranza. Ma lei era lì, accanto a me, anche se non la potevo sentire. A un tratto, decise che era giunto il momento di manifestarsi e prendermi per mano. La storia che sto per narrarvi ebbe inizio da una dolce melodia, udita in lontananza… 10 Canticchiando la vita Sovente, rincasavo stanca dal lavoro. Non si trattava solo di una stanchezza fisica, ma di una costante e impercettibile frustrazione esistenziale che inondava il mio umore. Mentre percorrevo le viuzze silenziose e ormai avvolte dal buio della sera di Deauville, un piccolo e delizioso paese adagiato sulla costa settentrionale della ventosa Normandia, mi tornavano alla mente i numerosi rimproveri ricevuti durante la giornata da Henri Cottard, il notaio dal cuore d’acciaio, presso il quale svolgevo mansioni di vario tipo. Ero la sua segretaria, la sua assistente, la sua persona di fiducia, a volte anche la sua domestica. Insomma, la sua personale factotum. Tuttavia, nonostante l’impegno e gli sforzi per essere una collaboratrice ineccepibile nel mio 11 Il Coro operato, venivo considerata molto meno della sua malandata macchina da scrivere. Il signor Cottard era in grado, infatti, di farmi sentire puntualmente fuori posto, una totale inetta, come una ragazzina impacciata, che si affaccia al mondo per la prima volta. Eppure, io, Marguerite Legrand, ero sì una giovane donna, ma in procinto di sposarmi. Avevo sì un piccolo appartamento lasciatomi dai miei cari genitori, ma che mantenevo con le mie uniche forze. Lavoravo duramente e il mio capo, senza tregua, si lamentava per ogni nonnulla. Pareva quasi che la mia sola presenza in ufficio lo urtasse profondamente in qualche modo. Mentre rincasavo, esausta, dopo il lavoro, ripensavo a tutte quelle parole appuntite che erano uscite dalla bocca dello stimato notaio, ma canticchiavo, sì, canticchiavo una dolce melodia che avevo inventato proprio lungo il tragitto che, da tanti anni ormai, percorrevo dall’ufficio verso la mia piccola dimora. 12 Rita Salvadori Di quel percorso conoscevo a memoria ogni piccolissimo particolare: le pareti colorate delle case illuminate dalla luce calda e arancione delle lanterne, la pavimentazione in ciottolato asimmetrico delle stradine strette e umide, il vento forte e profumato proveniente dal mare che faceva dondolare e cigolare le insegne in ferro battuto dei negozi oramai chiusi, le voci e gli schiamazzi ovattati delle famiglie che si apprestavano alla cena. Mi chiedevo se fossi l’unica abitante di Deauville ancora a spasso per il paese a quell’ora tarda, ma, soprattutto, mi chiedevo il motivo per cui Henri Cottard mi obbligasse a rimanere in ufficio tutte quelle ore, quelle interminabili ore. Forse, non aveva nessuno ad aspettarlo a casa, ma quest’ultima considerazione era una vera e propria illazione, poiché non sapevo nulla della sua vita privata, che teneva ben sigillata in una sorta di fortino inespugnabile. Mentre assaporavo la solitudine, il silenzio della sera e il vento pungente e rigenerante sul viso, tornava a farmi compagnia quel sottile e costante stato di frustrazione che, come un 13 Il Coro fedele innamorato, da sempre camminava al mio fianco. Tuttavia, io canticchiavo. In fondo, pensavo, stavo per rientrare nel mio caldo e accogliente nido. Stavo per rincasare finalmente. Ecco il motivo per cui canticchiavo. Capitava spesso, ma i miei pensieri non si erano mai posati su quella mia particolare abitudine. Forse, ormai, era entrata a far parte di me a tal punto da non rendermene conto. Pensandoci bene, tuttavia, vi erano una infinità di piccoli gesti che accompagnavano la mia giornata, scandendola in banali e insignificanti segmenti di vita di cui non ero altrettanto consapevole. Una vita ripetitiva, in bianco e nero. Il più delle volte grigia. Un grigio che non volevo vedere e che spesso ricoprivo di una tinta rosa totalmente immaginaria. A proposito di pura immaginazione, Adrien, il mio futuro sposo, stava aspettandomi a casa per la cena. Il pensiero di trovare una bella tavola imbandita e il sorriso del mio innamorato mi fece accelerare il passo e il battito del cuore. Questo è amore, 14 Rita Salvadori deve essere amore, ci sono tutti i segnali, dicevo fra me e me. Iniziai a canticchiare un po’ più forte, quando, da dietro la porta ancora chiusa, sentii la voce indispettita di Adrien, anzi dell’affascinante Adrien, che mi invitava a fare silenzio: – Marguerite! Quante volte te lo devo dire? Così, sveglierai tutto il vicinato. Non sopporto di sentirti canticchiare senza senso e in continuazione per giunta. Avessi almeno una bella voce e cantassi almeno canzoni conosciute! Dai, sbrigati a entrare e smettila di cantare! Ti aspetto da più di un’ora, ho una certa fame e tu non hai preparato nulla per cena. La musica e la poesia mi si spensero in gola e nel cuore. Credevo che lui amasse la mia creatività, ma soprattutto la mia voce. In fondo, era anche quello un modo per dimostrargli quanto fossi felice nel rivederlo. Corsi verso di lui per abbracciarlo forte, ma Adrien si spostò con stizza per raggiungere la sua seggiola e sedersi a capo tavola. 15 Il Coro Quella sera preparai da mangiare in fretta e furia, condendo le pietanze con un pizzico di rabbia, un cucchiaio di frustrazione e una manciata abbondante di delusione. Chi era quell’uomo che stavo per sposare? Adrien, dopo aver ingurgitato con avidità tutto quanto gli avessi offerto, si alzò di scatto, leggermente annoiato, mi diede un bacio di cortesia sulla guancia e se ne andò. Prima di chiudere la porta, si voltò verso di me e mi disse con fare paternalistico: – Marguerite, mi raccomando, cerca di non disturbare i vicini di casa. La tua voce, a volte, può risultare davvero fastidiosa. Buonanotte. Tenendo il capo chino sui piatti vuoti e sporchi davanti a me, restai immobile per un po’. Pensavo a quanto fosse stata inutile quella mia lieve gioia di vivere provata durante il cammino dal lavoro verso casa. A cosa era servito accelerare il passo e il battito del cuore? L’immagine rosa che mi ero creata poc’anzi stava sbiadendosi 16 Rita Salvadori in una tinta tendente al grigio, il solito grigio senz’anima. Me ne andai a dormire, avevo bisogno di riposare, ma soprattutto avevo la necessità di chiudere gli occhi e dimenticare tutti i rimproveri ricevuti durante la giornata. Mentre mi spogliavo per indossare finalmente la mia comoda camicia da notte, ricominciai a canticchiare, a bassa voce, ovviamente. Sola, immersa nella pace silenziosa della mia piccola camera da letto, lontana dalle cattiverie pungenti, canticchiavo la vita. La mia vita.
